OneShot: There's an Alice in me.

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    TITOLO: There's an Alice in me.
    RATING: Verde.
    NOTE: Premetto che non mi drogo. Lo preciso perchè, questa storia, nasce da un sogno che ho fatto stanotte! xD
    I miei sogni sono sempre molto strani e fantasiosi, credo che se avessi fatto la regista nella mia vita avrei creato capolavori grazie alle mie fasi REM notturne. xD
    Nonostante io ami Alice nel Paese delle Meraviglie, non mi era mai successo però di sognare qualcosa interamente dedicato a lei. Quando mi sono svegliata, ricordavo così bene il sogno che ho deciso che ci avrei scritto una OneShot.
    Alcuni piccoli dettagli li aggiungerò io personalmente, perchè altrimenti non riuscirei a collegare alcune cose.
    Good reading :3


    -------------------------------------




    E poi c'erano quelle sere, in cui dovevi leggere a tutti i costi, perché se non lo avresti fatto non ti saresti mai addormentata.
    Leggere fino a sentire gli occhi chiudersi e il libro scivolare dalle dita. Il corpo indebolirsi fino a lasciarsi andare sotto le coperte.
    La mia, era una di quelle sere.
    I pensieri frullavano, si scontravano nella mia mente.
    Ed io ero veramente troppo stanca di sentirli ronzare, sembrava che mi chiamassero per intrappolarmi sempre di più in quel vortice.
    Non devi farti risucchiare, mi ripetevo costantemente. Ma tutti i miei sforzi non servivano a nulla.
    Dal momento in cui avevo perso tutto ciò che mi teneva legata a qualcosa, a qualcuno, e dovevo farcela completamente da sola, risultava tutto più difficile.
    Quando perdi le tue colonne portanti nella vita, non puoi fare altro che aspettare.
    E l'attesa di qualcosa, qualsiasi cosa, che possa risollevarti, ti manda giù, sempre più giù nel profondo.
    E i tuoi sforzi non ti riportano a galla.
    Mi sfregai gli occhi con i polsi, dimenticandomi di avere ancora l'eyeliner sulle palpebre e che probabilmente l'avevo appena distribuito su tutto il viso.
    La pigrizia mi impediva anche di struccarmi la sera.
    Presi il libro accanto al mio letto e presi a leggere, quasi divorandolo, per cercare di mettere sotto sforzo mente e vista. Come quasi ogni sera.
    Non riuscii a capire l'esatto momento in cui mi abbandonai al buio, perdendo di mano il libro e restando vittima di Morfeo.
    Quando riaprii gli occhi ero in un mondo. Non potei descriverlo immediatamente, perché mi sentivo stordita e dispersa. Come approdata in qualche landa sconosciuta ma che per qualche strano motivo non mi era nuova.
    Le immagini frammentarie che raccoglievo mi sembravano già viste prima.
    Ma... dormivo? O era una mia realtà distorta? Non potei rispondermi.
    Gettai uno sguardo al mio vestiario. Anche quello non mi era nuovo: un abitino azzurro spento, con delle calze velate turchesi e un paio di scarpette nere, appena lucidate. Avevo quasi timore a camminare, per non rovinarle.
    Le scarpe erano in contrasto con l'abito. Aveva segni di usura in alcune parti, sembrava "usato", forse anche più grande della mia taglia.
    Poi ricordai, ero vestita come Alice. La beniamina che avevo sempre adorato fin da piccola. Solo che ero una versione un pò più "sgualcita". E certamente i miei capelli rossi spettinati non ricordavano affatto il biondo delicato e curato di Alice.
    Il luogo in cui mi trovavo era quasi desolato, non assomigliava per niente al Paese delle Meraviglie. Poi scorsi una casa disabitata, o almeno, dava questa impressione. Se ne stava scura fra la nebbia.
    Un pensiero prese spazio nella mia mente, incapace di controllarlo. Sentivo tre parole, ripetutamente, sussurrate nella mia testa.
    "La Regina Rossa".
    Non sapevo se fosse un richiamo, un avvertimento. Nonostante quelle parole girovagassero nei meandri della mia mente, mi avviai verso la casa.
    Quando fui dentro notai diverse stanze bianche, ed una scura. Mi addentrai nell'unica che non riuscivo a distinguere e che mi incuriosiva nettamente di più. Le altre, per di più, erano vuote. L'unica cosa che vidi in un corridoio fu un mobiletto in legno scuro, con sopra un telefono nero, antico, laccato lucidamente come le mie scarpe. Catturò la mia attenzione per qualche secondo, ma poi entrai nella stanza scura.
    Facevo le cose per istinto, senza pensare. Doveva essere così, no?
    Con mia sorpresa, una volta messo piede nella stanza, questa prese vita. Notai personaggi del tutto stravaganti, che mi guardavano come se fossi del tutto conosciuta nel posto, altri mi ignoravano totalmente.
    Era tutto molto strano e confuso. Passavo totalmente inosservata, mentre discutevano di "qualcosa" che non riuscivo a comprendere. La stanza ricordava un aula scolastica. Solo che il pavimento era tipo una scacchiera bianca e nera. C'erano alcuni banchi sovrapposti disordinatamente e un armadietto antico. Il resto della stanza era molto più scura del solito.
    I personaggi erano tutti differenti, molto particolari e colorati, alcuni dai colori più scuri con sembianze animali.
    Non parlai con nessuno, ma capii che dovevo addentrarmi nelle altre stanze della casa e alcuni di loro mi seguirono, come se fossi io il leader del gruppo. Passai accanto al telefono e proseguii dritta nel corridoio, per poi vedere materializzarsi davanti a me una porta mal ridotta, in legno grigio.
    Toccai la maniglia impolverata della porta ed aprii.
    La stanza in cui mi ritrovai prese a vorticarmi intorno vertiginosamente, come se fosse viva. Mi lamentai mugolando. Mi girava la testa e mi piegai sulle ginocchia, con le mani sulle orecchie.
    C'era una musica allegra nell'aria. Delle luci soffuse, colorate. Quasi come se fossi in un disco-pub.
    Vidi un mobiletto nero in un angolo della sala, completamente in vetro. Racchiudeva uno stereo. Poi mi accorsi dei colori delle pareti. E del pavimento. Tutto in quella stanza era tappezzato di quadrati perfettamente accostati uno all'altro, anche qui come una scacchiera. Ma al posto del bianco e del nero, qui si alternavano il fucsia e il lilla.
    Ma certo, lo stregatto!
    Gli altri personaggi sembravano a proprio agio all'interno della stanza, mentre io ero ancora accasciata per terra.
    Il "vorticare" cominciò a rallentare. E vidi una figura avvicinarsi a me, volteggiando nell'aria. Come se fosse fumo.
    Si fermò davanti a me a mezz'aria ed io mi alzai, sistemandomi il vestito con le mani, anche se c'era ben poco da sistemare.
    Riconobbi lo stregatto, come avevo immaginato. Era più grande del solito e assomigliava ad un grande peluche. Potevo scorgere tutti i peli del suo manto colorato come le pareti, ma a strisce. Solo che il gatto dei miei sogni non era esattamente come questo.
    Io lo avevo sempre immaginato allegro, un gatto parlante che ti prende in giro e ride di te. Questo, invece, se ne stava lì a guardarmi con i suoi occhioni gialli quasi arrabbiati. Mettevano soggezione e disagio.
    Poi mi accorsi che non aveva il sorriso a forma di luna con i denti in fila, ciò che caratterizzava lo stregatto in realtà era proprio quello. Fui quasi intimorita dalla sua presenza.
    Poi prese a parlare nella mia mente, prendendosi gioco di me e indicandomi diverse vie da percorrere. Si aprirono dei varchi nelle pareti, che divennero immediatamente bianche e spoglie.
    Da uno di questi spuntarono due piccole figure, somiglianti a due folletti. Avevano braccia e gambe di legno levigato, una giacchetta rossa e pantaloncini verdi. Capelli di paglia, un nasino rosso e due occhietti neri. Scarpette e cappello di cartone. Sembravano più due spaventapasseri. Li riconobbi come Pinco Panco e Panco Pinco.
    Presero a fare una danza curiosa, che mi mise allegria. E quando mi voltai lo stregatto non c'era più.
    Decisi istintivamente quale porta attraversare e subito dopo, il buio.
    Quando ripresi conoscenza ero in piedi, in un abito simile al precedente ma nuovo e della mia taglia. I capelli raccolti, agilmente intrecciati.
    Mi voltai indietro e non vidi il varco. Non vidi nessuno con me. Ero sola. Forse era la mia missione, dovevo portarla a termine io.
    Ero in un paesaggio di mare. Dietro di me e sotto i miei piedi c'era una grande distesa di sabbia, e qualche albero rinsecchito. Davanti a me l'oceano. Piatto. Era l'alba, quasi. Il sole non era ancora sorto e tutto appariva abbastanza tetro e silenzioso.
    Pensai di arrampicarmi su uno degli alberelli per scorgere qualche dettaglio in più, non seppi bene come fecero quei rametti a reggermi. Misi le mani a coppa sopra fronte e intravidi una piccola città abbandonata in lontananza. Alcune luci erano accese, la maggioranza spente e desolate. Chiusi gli occhi per un attimo e mi potei vedere attraversare quel paese. Sembrava un paesaggio apocalittico. Grandi palazzi neri, o grigi, totalmente disabitati. Le uniche lucine accese erano quelle della farmacia, abitata da persone per bene in camice bianco che servivano un centinaio di clienti. Perché il paese era disabitato e la farmacia piena di gente? All'alba, poi.
    C'era un'epidemia in corso?
    Sentii un dolore, quasi un pizzicotto all'indice della mano sinistra. Vidi un filamento fuoriuscire dalla punta, trasparente, con una pallina all'estremità. Lo sfiorai e fui pervasa da un dolore allucinante alla mano. Che diavolo era?
    Mi precipitai in farmacia, sorpassando le persone che, chissà perché, non si lamentavano per niente. Doveva davvero essere un sogno.
    Illustrai il problema a una donna dietro il bancone. Mi guardò in viso, evidentemente spaventata. Cosa avevo? Cos'era quella roba? Cosa mi avevano fatto?
    Mi balenò in mente una visione di un uomo con i baffi, rivolti all'insù. Sogghignava.
    La farmacista mi disse che era una grave infezione, dovevo usare una crema specifica che mi avrebbe dato. Ma prima che potesse consegnarmi la roba da acquistare mi precipitai fuori dalla porta. Cominciai a correre con tutte le mie forze, tenendomi la gonna con le mani. Strappai con grande dolore il filamento e continuai a correre, tornando al punto di partenza, di fronte alla distesa d'acqua, il mare.
    Improvvisamente sapevo cosa dovevo fare, qual'era il mio obiettivo. Quell'uomo si nascondeva li sotto, in quelle acque. Ed io dovevo trovarlo.
    Prendi un grosso respiro, avevo sgualcito anche questo vestito. Sollevai i lembi della gonna e mi addentrai in acqua. Non era piacevole sentire l'acqua sui vestiti, sulle calze. E rendeva l'andamento più difficile. Con mia sorpresa notai che l'acqua non era fredda, ma tiepida al punto giusto. Mi guardai le spalle per un attimo, poi con coraggio continuai ad avanzare in acqua.
    Non restavo a galla man mano che camminavo, ma i miei piedi restavano ben saldi al fondale marino. Quando fui inghiottita dalle acque mi accorsi che potevo anche respirare, lì sotto.
    Chiusi gli occhi e scoppiai in una frenetica risata.
    Quando li riaprii, i raggi del sole attraversavano la mia stanza e mi colpivano dritti in viso. Era sorto un nuovo giorno.
    Un nuovo reale giorno.
    Forse, il Paese delle Meraviglie, ce lo abbiamo noi.
     
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  2. «SweetHeart~
     
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    Come ti ho già detto mi piace un sacco *___* Adoro come scrivi <3
     
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    Grazie :wub:
     
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